Il corpo è il punto di partenza della progettazione personale di ognuno, la fase iniziale della costruzione del proprio Sé, espressione dell’identità personale. Il corpo è il luogo dove per primo si concretizza la consapevolezza dei sentimenti, delle emozioni e lo sviluppo della coscienza (Damasio). L’acquisizione dell’immagine corporea è una tappa necessaria dello sviluppo in quanto la prima consapevolezza di Sé coincide con la consapevolezza dell’immagine corporea ed è il frutto di un lungo processo di costruzione nel quale giocano un ruolo determinante sia le componenti organico-biologiche sia quelle psico-relazionali (Zappa). Ma cosa si intende con l’espressione immagine corporea? Il concetto di immagine del corpo fu introdotto intorno al 1935 da Paul Schilder, neuropsichiatra e psicanalista, che lo definì come il quadro mentale che ci facciamo del nostro corpo, prodotto da percezioni, schemi e rappresentazioni mentali. Schilder parlava di un’immagine vissuta, investita da cariche affettive, risultato dinamico di una continua attività interna sulla base dei rapporti con il mondo esterno. Secondo Françoise Dolto l’immagine del corpo rappresenta in ogni momento, la memoria inconscia di tutto il nostro vissuto relazionale ed è legata quindi, alla sua speciale, irripetibile identità soggettiva. Edelman sostiene che il cervello, organo di «percezione» e di «riconoscimento», funziona come un raccoglitore di frammenti di informazione che vengono catalogati e coordinati in modo da risultare significativi. Secondo l’autore infatti la struttura del cervello non è predeterminata ma avviene attraverso una selezione di gruppi neuronali e la conseguente formazione di mappe che rispondono a particolari input provenienti dall’ambiente. Questo processo inizia durante la vita embrionale, e poi continua nel tempo attraverso un’amplificazione di sinapsi capace di modificarne la potenza. La forma più primitiva di comunicazione di cui l’individuo fa esperienza, quella con la madre durante la vita intrauterina, ha un codice esclusivamente somatico: gli affetti della madre si traducono in modificazioni del suo ritmo cardiaco, della sua temperatura corporea, del timbro della sua voce, e, soprattutto, del tono muscolare della parete del suo utero che è vissuto dal piccolo come il confine di Sé dall’altro. I movimenti del feto in utero infatti non sono solo di esplorazione/ appropriazione dello spazio, ma anche di risposta ai movimenti affettivi della madre. Il mondo degli affetti della madre determina quindi il suo modo di rapportarsi al bambino e questo appunto anche prima della sua nascita. L’immagine corporea si articolerà dunque sulle esperienze che il bambino andrà facendo, ma la struttura innata con cui queste esperienze andranno ad interagire e quindi l’ambito delle trasformazioni a cui tale immagine corporea potrà andare incontro, sono già definiti in partenza dalla qualità affettiva del medium psicosomatico che lo ha generato. Dopo la nascita fino a che il linguaggio verbale non arriva a strutturare la sua efficacia rappresentativa e comunicativa, il corpo del neonato costituisce un campo semantico comune all’interno del quale madre e bambino interagiscono scambiando le loro emozioni sia pure attraverso l’impiego di significanti diversi. In questa epoca la madre che realizza la condizione che Winnicott ha definito «preoccupazione materna primaria», offrirà al bambino le condizioni che gli permetteranno di sperimentare il movimento spontaneo e di diventare padrone delle sensazioni che corrispondono a questa fase della sua vita. L’l’integrazione dell’Io nel tempo e nello spazio dipende dal modo in cui la madre “tiene” (holding) il lattante, la “personalizzazione” dell’Io dipende dal modo in cui viene manipolato (handling) e l’instaurazione della relazione oggettuale da parte dell’Io dipende dalla presentazione da parte della madre degli oggetti (seno, biberon, latte) grazie ai quali il lattante può trovare la soddisfazione dei suoi bisogni. La madre quindi rimanda al figlio la propria immagine restituendone in un’unica rappresentazione integrata le sensazioni corporee frammentate di cui il bimbo fa esperienza. L’Io è basato su un lo corporeo, ma soltanto quando la qualità affettiva del comportamento materno è positiva, il bambino comincia a legarsi al corpo e alle funzioni corporee, e la cute diventa la membrana limitante. Intorno ai 15-18 mesi, quando il bambino scopre sé stesso davanti allo specchio capisce di non essere un’estensione della madre, ma di avere un suo corpo. Il consolidamento di una stabile rappresentazione mentale del corpo in questo periodo è un’importante chiave di sviluppo. Con l’inizio delle operazioni concrete intorno ai 6 anni e con il consolidarsi dell’abilità astratta, si definiscono meglio il senso di separazione tra il Sé e l’Altro ed una più distinta ed accurata immagine corporea.. Stern sostiene che per attivare una profonda empatia nei confronti del figlio neonato, alla madre è richiesta una particolare sensibilità alla sintonizzazione con le modalità sensoriali e cinestesiche del suo piccolo. Il genitore quindi deve sostenere la percezione integrata del Sé del bambino, in modo da eludere la possibilità che il figlio sperimenti l’angosciosa esperienza di un’ansia insostenibile, del senso di andare a pezzi, del perdere il rapporto col proprio corpo. I bambini che non trovano se stessi nello sguardo della madre possono perdere il senso di Sè e dunque essere predisposti all’insorgenza di una relazione problematica con il corpo stesso. La pubertà rappresenta una fase critica per lo sviluppo di una sana immagine corporea poiché l’equilibrio raggiunto nell’infanzia viene destabilizzato e l’adolescente è costretto ad assistere alla scomparsa della propria immagine prepubere e a elaborare la propria trasformazione fisica. In questa fase inoltre si delinea l’immagine corporea ideale che è legata a valori sociali e culturali. Per l’adolescente è fondamentale come gli altri lo vedono e come vorrebbe che essi lo vedessero. L’età adolescenziale rappresenta un momento di cambiamento e di trasformazione in cui si definisce l’identità del giovane, la separazione dalle figure genitoriali, la ricerca dell’ autonomia. Per molti ragazzi il corpo si trasforma in un rivale, un luogo sconosciuto abitato dal timore e dall’ossessione, un oggetto estraneo a cui ci si deve adattare e che si deve modificare. La cura di sé non è tanto orientata al valore della salute, piuttosto a come appare il corpo sia come forma fisica che come immagine. La prima si contempla e si misura allo specchio, la seconda si rispecchia nel giudizio degli altri. L’immagine corporea idealizzata, proprio perché più tardiva e legata a stereotipi sociali e culturali, sembra comunque rivestire importanza minore rispetto a quanto si struttura nei primi anni di vita per cui se l’immagine interna è solida e la percezione corporea nella norma, la conflittualità adolescenziale viene facilmente superata. I genitori sono agenti importanti di socializzazione e influenzano l’immagine corporea dei propri figli attraverso il modellamento, il feedback e l’ istruzione. Inoltre il modo di rispondere dei genitori al figlio attraverso il contatto fisico gioca un ruolo importante nello sviluppo dell’immagine. Le ragazze in adolescenza si identificano con molti aspetti degli atteggiamenti e comportamenti delle loro madri, incluso quello che la madre ha verso il proprio corpo. Da ciò si deduce che quando le madri criticano il proprio corpo, le figlie si identificano con questo processo criticando il loro. Inoltre durante l’adolescenza le figlie possono richiedere al padre attenzione verso il proprio corpo alla ricerca di supporto e la reazione di questi gioca un ruolo importante nel formare le sensazioni verso il corpo e la realtà di diventare donna.
L’immagine corporea è dunque una rappresentazione mentale che deriva dall’interazione fra il corpo, la psiche, la propria storia personale e l’ambiente. L’insoddisfazione corporea è legata a un vissuto emotivo spiacevole nei confronti del proprio corpo e solitamente è una sensazione che risale sin dall’infanzia. I condizionamenti familiari, le prese in giro, le esperienze quotidiane, le mode e i media, possono aver influenzato e continuano a influenzare il nostro ideale di immagine corporea a cui tendere, enfatizzando la ricerca di un modello di perfezione che possa assicurarci la felicità. Questa convinzione distorta e illusoria può, se diventa ossessiva e si intensifica nel tempo, generare una sofferenza emotiva considerevole che è necessario affrontare per ritrovare il proprio benessere psicofisico. L’insoddisfazione corporea è un fattore di rischio per l’insorgenza di disturbi del comportamento alimentare, ha una notevole influenza sull’autostima, sull’umore e sulle relazioni interpersonali e può incidere dunque sulla qualità di vita della persona.
Di seguito troverete una serie di domande da porvi per riflettere sul vostro grado di soddisfazione corporea, provate a chiedervi quanto spesso sono presenti nella vostra vita questi pensieri, emozioni e comportamenti legati all’immagine del vostro corpo:
Mai | Raramente | Talvolta | Spesso | Sempre | |
Quando mi guardo allo specchio mi vergogno | 0 | 1 | 2 | 3 | 4 |
Non credo di avere attrattive fisiche | 0 | 1 | 2 | 3 | 4 |
Sono fiero del mio corpo | 4 | 3 | 2 | 1 | 0 |
Invidio il fisico altrui | 0 | 1 | 2 | 3 | 4 |
Vorrei sottopormi a un intervento di chirurgia estetica | 0 | 1 | 2 | 3 | 4 |
Do molta importanza agli sguardi altrui | 0 | 1 | 2 | 3 | 4 |
Mi piaccio quando mi vedo in fotografia | 4 | 3 | 2 | 1 | 0 |
Paragono il mio aspetto a quello dei personaggi che si vedono nelle riviste | 0 | 1 | 2 | 3 | 4 |
Se potessi cambierei molte mie caratteristiche fisiche | 0 | 1 | 2 | 3 | 4 |
Mi piaccio quando mi vedo allo specchio | 4 | 3 | 2 | 1 | 0 |
Mi piace acquistarmi capi di vestiario | 4 | 3 | 2 | 1 | 0 |
Mi trovo attraente | 4 | 3 | 2 | 1 | 0 |
Mi piacerebbe assomigliare a qualcun altro | 0 | 1 | 2 | 3 | 4 |
Sono preoccupato per il mio aspetto | 0 | 1 | 2 | 3 | 4 |
Il mio corpo mi fa schifo | 0 | 1 | 2 | 3 | 4 |
Sarei più felice se avessi un altro aspetto | 0 | 1 | 2 | 3 | 4 |
Gli altri sembrano più belli di me | 0 | 1 | 2 | 3 | 4 |
Le domande di questo questionario, non hanno fini diagnostici e valenza clinica. Sono soltanto utili spunti di riflessione per chiedersi quanto la propria insoddisfazione corporea è fonte di disagio emotivo. Se ottenete un punteggio tra 35 e 68, il vostro corpo sta diventando un ostacolo nella vita quotidiana e nelle vostre relazioni con gli altri per cui è necessario prendervi cura di voi e intraprendere un percorso psicologico per tornare a volervi bene.
Nella psicoterapia corporea, il lavoro sull’immagine corporea mira a intervenire sulle seguenti dimensioni:
- percettiva/sensoriale (stimare il proprio corpo)
- cognitivo/affettivo (sentimenti e pensieri nei confronti del proprio corpo)
- comportamentale (attività che la persona fa in base a come sente il proprio corpo)
- relazionale (cosa le persona fa con gli altri in relazione a come sente il proprio corpo).
Il profondo lavoro di cura e di riconnessione facilita gradualmente nel paziente lo sviluppo della consapevolezza e del collegamento tra espressione corporea e espressione emotiva, una migliore alleanza con il proprio corpo, la consapevolezza dei propri confini corporei, l’apertura del canale di comunicazione dei propri bisogni e in ultimo, il senso di padronanza del proprio corpo ovvero il sentimento di “abitare” il proprio corpo strettamente connesso al senso di Identità.
La psicoterapia, in fondo, è un processo di riconciliazione dell’inconscio con il conscio e il corpo può essere visto come il rappresentante dell’inconscio, dunque il suo ascolto e la sua “parola”, sono da considerarsi fondamentali nel processo di cura (Damasio).
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